Monte
S. Ippolito
A circa un chilometro a est della città è Monte S. Ippolito,
sede di una stazione preistorica che va dall'età neolitica a quella
del ferro.
Alle spalle di S. Ippolito si estende la vasta necropoli della Rocca
e del Balchino ove sono visibili numerosissime tombe a forno
scavate nel calcare, risalenti all'età del bronzo.
Contrada
Angelo
Nella contrada Angelo a circa dieci chilometri a sud ovest della
città è una necropoli del secondo millennio a. C., da dove sono venuti
al Museo Regionale della Ceramica interessantissimi pezzi di ceramica
della cultura castellucciana. Un insediamento dello stesso periodo è
stato rilevato sopra le cave di pietra della vicina contrada Moschitta,
i cui cimeli ceramici sono pure conservati nel predetto museo.
Contrada
S. Mauro
Rinomata piú di ogni altra per i rinvenimento ivi fatti in ogni tempo,
è S. Mauro. La leggenda, che corre per la bocca di tutti, parla
dell'esistenza di ricchi tesori sotterrati. Gli scavi per il passato
ivi effettuati dall'Orsi fecero conoscere l'esistenza di un abitato
greco del VI sec. a.C. e di un altro di epoca bizantina nella parte
bassa. Recenti scavi hanno messo in luce un fitto sepolcreto a sarcofagi,
a giare ed a cappuccina. Ma la scoperta piú interessante è stata quella
di antiche fornaci per la cottura di grandi vasi. A pianta ellittica
e a copertura emisferica non permanente, con cinerario a cu- nicolo
ricavato di volta in volta nel pianterreno fra gli stessi vasi da cuocere
sistemati a cupola, con due bocche da fuoco, queste fornaci spiegano
agli esperti il segreto del procedimento di cottura di questi grandi
vasi, rimasto prima un mistero.
Contrada
S. Cataldo
Su di uno spinale roccioso, ricco di tombe a forno sono i ruderi del
dominante castello medievale di Moncialino, a pianta circolare
e con arcate ogivali dipartentisi radialmente da un massiccio fusto
centrale costituito da una cisterna, originariamente alimentata dagli
impluvi dello stesso edificio. Detto castello fu sconquassato dal terremoto
del 1693.
Santo
Pietro
A circa 25 chilometri dalla città, in mezzo al rado bosco, sta prendendo
vieppú sviluppo il borgo omonimo, scelto come luogo di villeggiatura.
Ivi doveva sorgere Mussolinia, che rimase appena agli inizi,
ed è scomparsa in seguito ai bombardamenti dell'ultima guerra mondiale.
La sughereta, che ricopriva maestosa gran parte del bosco, ha subito
nell'ultima guerra irrimediabili distruzioni che hanno compromesso anche
la ricca fauna che alimentava una intensa caccia. Per la salubrità dell'aria
il bosco di S. Pietro fu scelto come sede di un Convalescenziario.
Feudo
dí Terrana
Nel vicino feudo di Terrana, in una ridente conca circondata
da pendici boscose, è l'abbazia cistercense del sec. XIII, di cui si
conserva in parte la chiesetta intitolata a S. Maria di Terrana, con
resti di affreschi quattrocenteschi su di una campata delle pareti.
A fianco dell'abside è la porticina ogivale che immette nel campanile.
Ogivali sono pure il bel portale principale della chiesa con due stilizzati
mascheroni a mensole, su cui si imposta l'archivolto; lo stretto portale
di tramontana e la ricca finestra di mezzogiorno danneggiata da incendio.
Per la storia è da dire che l'abate di Terrana era uno dei componenti
del braccio ecclesiastico al parlamento siciliano. Il feudo di Terrana,
oggi proprietà privata del Barone Cocuzza, originariamente rientrava
nella estesa baronia di S. Pietro, concessa dai Normanni alla
città di Caltagirone al pari di quella ancora piú estesa di Judica
o Camopietro.
Contrada
Tempio
Fuori della città ebbe prospera vita la Commenda dei Templari con la chiesetta ormai scomparsa di S. Maria del Tempio nella contrada
omonima, poi passata ai cavalieri gerosolimitani. In questa chiesetta
morì in odore di santità il Beato Gerlando d'Alemagna, il cui corpo
rinvenuto miracolosamente, fu trasferito nel 1327 nella Chiesa di S.
Giacomo, dove tuttora conservasi. 1 cavalieri gerosolimitani, ossia
di Malta, ebbero in Caltagirone altre due chiesette: quella di S.
Giovanni fuori le mura e quella della Saracena, nella contrada
omonima.
Nel 1692 tenne la commenda di quest'ordine in Caltagirone il valoroso
pittore calabrese, Mattia Preti.
Feudo
di Favara
A circa 15 chilometri a mezzogiorno di Caltagirone sono i ruderi di
una interessante chiesetta del secolo XII, intitolata a S. Pietro. Questa
diede il nome alla baronia di S. Pietro del demanio della città di Caltagirone,
a cui originariamente apparteneva. Il feudo di Favara fu dato in dote
nel 1271 da Gualtiero di Caltagirone alla sorella Riccarda che sposò
il generale angioino Beltrando Buccardo. Questi combattè nella guerra
del Vespro contro i Siciliani.
L'antica fattoria di Torre Favara, che dominante sorgeva nelle vicinanze,
in assenza di pubblica sorveglianza, è stata recentemente spianata e
destinata come sembra a cava di pietrisco. |