I
numerosi documenti da noi raccolti nella monografia dal titolo, Gualtiero
di Caltagirone, edita recentemente col contributo finanziario
della locale Cassa S. Giacomo, ci hanno consentito, dopo sette secoli
di buio, di conoscere per la prima volta la vera identità di Gualtiero.
Era Gualtiero figlio di Bernardino di Caltagirone, cioè di quel potente
guelfo caltagironese, signore di Butera, Gulfi e Boalgino, accanito
difensore della Madre Chiesa ed esule sotto il regno di Manfredi. Lo
stesso era nipote, per parte della madre, di due arcivescovi, Fra Reginaldo
di Lentini, arcivescovo di Messina al tempo del Vespro, e Fra Tommaso
di Lentini, arcivescovo di Cosenza e poi Patriarca di Gerusalemme.
Egli, morto il padre, dopo avere dato in sposa la sorella Riccarda al
generale angioino Bertrando Buccardo detto Artus, dandole in dote con
l'assenso regio il feudo di Favara nel territorio caltagironese, sposa
la cugina loletta, figlia del vice ammiraglio di Carlo d'Angiò, Giovanni
di Lentini. Conscio ed insofferente del malgoverno angioino, pur essendo
personaggio potente e favorito sotto quel regime per le autorevolissime
parentele sue ed acquisite, entra in contatto con Re Pietro III d'Aragona
anteriormente al Vespro, anche perchè si è accorto che il papa Martino
IV è sordo ai ripetuti lamenti dei Siciliani.
Esploso il Vespro, egli fa parte dalla Communitas messinese.
Alla resistenza della città del Faro egli contribuisce validamente sostenendo
ingenti spese, anche per dar man forte all'arcivescovo messinese, Reginaldo
suo zio materno, che ha riconosciuto la Communitas messinese
e, al pari di lui, ne è valido difensore, contro il volere della Curia
romana.
Temendo che la città possa essere sopraffatta dalle preponderanti forze
angioine assedianti, Gualtiero sollecita l'avvento da Palermo di re
Pietro d'Aragona. Ma, liberata Messina, si accorge che re Pietro, ormai
padrone dell'intera isola donatagli dai Siciliani senza colpo ferire,
piuttosto che interessarsi del riordinamento della Sicilia sconvolta
dal Vespro, pensa subito a spingersi alla conquista di quella parte
del regno al di là dello stretto, pure appartenuto al suocero Manfredi,
servendosi dei Siciliani e delle risorse dell'isola. Pertanto egli ordisce
una sedizione contro il nuovo monarca, certamente incoraggiato, sotto
sotto, dal papa Martino IV, che ha visto con dolore l'intera isola caduta
in mano aragonese.
Essendo quasi tutti gli esponenti della Communitas messinese
ormai passati dalla parte del monarca vincitore, da cui hanno avuto
alte prestigiose cariche, previi prestiti in danaro, Gualtiero e gli
aderenti alla congiura vengono traditi da spie e dagli antichi compagni
di fede perseguitati e catturati. Gualtiero per primo viene decapitato
.
Volendo qualificare il personaggio in poche parole si può dire: fu Gualtiero
un guelfo avverso al governo angioino e a quello aragonese, non vedendo
sotto entrambi i regimi tutelati gli interessi dell'isola, per la quale
egli avrebbe desiderato un governo repubblicano a liberi comuni sotto
l'egida della Madre Chiesa. Ribelle al governo di Re Carlo d'Angiò,
si illuse di vedere in Pietro III d'Aragona un protettore dell'isola
contro i soprusi e le vessazioni angioine. Ma il nuovo sovrano si rivelò,
non meno dell'angioino, esoso e dispotico. É per questo che Gualtiero
cospirò tosto contro di lui. Ma ebbe la peggio e fu in breve spazio
di tempo eliminato, finendo decapitato in Piazza S. Giuliano a Caltagirone,
presente l'infante Giacomo d'Aragona, il 22 maggio 1283.
Gli eventi storici hanno sempre una realtà continente e di questa realtà
Gualtiero fu la migliore e la piú patriottica espressione, perchè? lottò
per la libertà della sua terra contro due dominazioni. Egli si oppose
in eguale modo agli Angioini e agli Aragonesi, perchè fu soprattutto
un fedele servitore dei suoi ideali di libertà e un imperterrito interprete
del verbo del Vespro che avrebbe voluto attuare in un reggimento di
libere comunità sotto l'egida della Madre Chiesa.
"Bonu statu e libertà" rimane in ogni terra e in ogni
tempo il grido di riscossa che si innalza da chi anela alla libertà
e per essa, al pari di Gualtiero, non teme di offrirsi in olocausto. |