I monumenti
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Album fotografico di Caltagirone chrisound
di Antonino Ragona Foto di:
Umberto & figli
Dr. Giacomo Territo
M. e G. Marcinnó
chrisound studio

Caltagirone, al pari delle altre città della Sicilia orientale, colpita dal violento terremoto dell'1 1 gennaio 1693, fu ridotta, in pochi secondi, ad un cumulo di macerie che fecero circa mille vittime. Pure gli edifici sacri e civili pití antichi ed imponenti furono atterrati interamente dall'immane violenza del sisma. La ricostruzione di essi data agli ultimi anni del '600 ed ai primi del '700. Ma diversi monumenti sacri, rimessi in piedi affrettamente in tale ricostruzione, furono ulteriormente rimaneggiati, se non addirittura rifatti di sana pianta in piú imponente architettura, nella seconda metà del '700. £per questo che oggi la città, in diversi sacri edifici, conserva assai poco anche della ricostruzione del primo Settecento.

Il teatrino con l'annesso Museo della Ceramica
Dalla stazione ferroviaria avviandoci al centro storico cittadino per la principale arteria, la via Roma, si incontra a sinistra, affaciantesi sul fianco orientale del lussureggiante Giardino Pubblico, il Teatrino, pregevole opera architettonica del siracusano Natale Bonaiuto, costruita nel 1792 come Belvedere. L incastonato di maioliche fornite dal maiolicaro Ignazio Campoccia e dal plasticatore Angelo Mirasole. La parte superiore del monumento, crollata nel 1862, è stata ricostruita di recente dalla Soprintendenza ai Monumenti per la Sicilia Orientale e costituisce il pronao del Museo Statale della Ceramica, a tergo recentemente costruitovi. In detto Museo viene presentato il panorama completo dello svolgimento storico della ceramica isolana, dalla preistoria al sec. XIX. Per la prima volta ivi viene ampiamente e sistematicamente documentato il periodo medioevale della ceramica siciliana, che ha fondamentale importanza per la conoscenza delle origini della invetriatura piombifera e stannifera in Italia.

Visita al Museo
Il Museo Statale della Ceramica di Caltagirone (oggi passato sotto l'amministrazione della Regione Siciliana) si articola come segue:
I - Sala della ceramica settecentesca e ottocentesca;
II - Sala della ceramica preistorica e protostorica, greca, siceliota e bizantina;
III - Patio riservato ai modellini di forni medievali;
IV - Sala della ceramica medievale;
V - Sala della ceramica rinascimentale;
VI - Sala della ceramica secentesca e settecentesca;
VII - Salone riservato alla panoramica di tutta la maiolica siciliana fino al secolo XIX.

In particolare la prima sala, composta da diversi vani, presenta un vasto panorama della maiolica caltagironese, principalmente dei secoli XVIII e XIX. Nelle bacheche murali sono frammenti dei secoli XVI e XVII. La seconda sala contiene ceramiche preistoriche provenienti da contrada Angelo, da contrada Moschitta, da contrada Balchino, da contrada S. Ippolito e da località al di là del Salso. Contiene inoltre la grande tomba del Vsecolo a. C. rinvenuta in via Escuriales ed il chiusino tombale in calcare con sfingi attergate e scena di danza funebre in rilievo, trovato nella necreopoli di S. Mauro, databile al VI secolo a.C. La stessa sala contiene pure ceramiche greche afigure nere e rosse, terrecotte ellenistiche e vetri romani della Collezione Russo Perez di proprietà della Regione Siciliana,- inoltre ceramicheprovenienti dalle contrade Rocca, S. Luigi e S. Mauro nonchè vasellame in terracotta acromo di epoca bizanti- na proveniente da contrada Piano Casazze. Particolare importanza hanno il cratere siceliota con la scena del vasaio al lavoro sotto la protezione di A tena e un rilievo in calcare con le sfingi attergate del VI sec. a.C. Il terzo ambiente corrispondente al patio, documenta, con modellini realizzati dal Prof. Antonino Ragona, due delle quattro fornaci medievali rinvenute nel 1960 in Agrigento. La prima fornace è di tipo musulmano, mentre l'altra del tipo in uso in epoca angioino-aragonese. Nelle bacheche murali sono esposti materiali di incasellamento rinvenuti nelle stessefornaci agrigentine, come pure frammenti di vasellame dipinto ed invetriato delle fornaci medievali di Sciacca, rinvenute nel'1971. La quarta sala è quella che offre un ampio quadro della ceramica medievale siciliana. Vi sono esposte ceramiche siculo-musulmane dei secoli X-XI-XII, nonchèceramiche dei secoli XIII, XI Ve XV. Sono rappresentate lefabbriche di Siracusa, Agrigento, Caltagirone, Gela. A sinistra entrando, nella parete protetta da vetro, sono i pregevoli e rari stucchi di epoca normanna rinvenuti nella locale chiesa di S. Giuliano. La quinta sala raccoglie una ricca documentazione di ceramiche caltagironesi del secolo XVI, mentre la sesta sala mostra ceramiche della stessa fabbrica dei secoli XVII e XVIII, principalmente costituite da lavabi, acquasantiere e pavimenti. Questi ultimi trovano posto pure all'esterno. Il settimo ambiente costituito dal grande salone, raccoglie i pezzi rappresentativi di tutte le fabbriche siciliane: Palermo, Trapani, Caltagirone, Sciacca, Burgio e Collesano. I prodotti delle fabbriche caltagironesi sono presenti in tutte le articolazioni tecnico-artistiche dei vari secoli, dalle ceramiche dipinte a quelle decorate plasticamente,- da quelle a smalti bianchi a quelle a smalto turchino e a smalti marmorizzati in bianco e manganese. In fondo allo stesso salone trovano pure posto dei pannelli settecenteschi e ottocenteschi con immagini di Santi e Madonne, nonchè le figurine in terracotta acroma e policroma del Bongiovanni e dei Vaccaro. Di recente a primo piano sono stati raccolti motivi pavimentali in bianco e blu di fabbriche caltagironesi del secolo XVII, nonchè pannelli di fabbriche palermitane dei secoli XVIII e XIX. Uscendo dal Museo, attraverso il Teatrino, si presenta di fronte il monumento ai caduti della guerra 1915-1918, opera in bronzo dello scultore palermitano Antonio Ugo. Proseguendo per la stessa via si incontra, a destra, la palazzina Ventimiglia con la balconata ed il portale della terrazzina stessa in elegante maiolica policroma settecentesca, opera del locale ceramista Benedetto Ventimiglia.

Il Giardino pubblíco
Vi si accede da via Roma e dal viale Maria Josè. Fu sistemato da G.B.Filippo Basile nel 1850. Il disegno dell'ingresso della parte meridionale è dell'architetto Michele Fragapane. Di recente detto ingresso è stato portato sul viale anzidetto e collegato al giardino con un ponte e una scala a doppia rampa disegnata dall'arch. Pietro Lo Jacono. Ivi trovano posto pregevoli maioliche di Gianni Ballarò e Nicolò Barrano, ispirate a temi agresti. L'ingresso principale è opera novecentesca in stile liberty , al pari del vicino teatro Politeama, dell'architetto caltagironese Saverio Fragapane. All'interno si trovano lungo i viali vasi in terracotta plasticati dal Vaccaro Bongiovanni, maioliche di Giuseppe Di Bartolo e terrecotte ornamentali di Gioacchino Ali e dei Vella. Nella parte bassa ergesi una delle coppe della grandiosa fontana dello scultore ed architetto fiorentino del sec. XVI, Camillo Camilliani, opera rimasta incompleta e destinata originariamente ad altro luogo. Nel piazzale principale è il moderno palco musicale in stile moresco in cui hanno collaborato il geometra Salvatore Montalto e l'ing. Alberto Novello per l'ardita realizzazione delle strutture in cemento armato, e il prof. Antonino Ragona per il rivestimento in maiolica policroma in stile moresco e l'aquila di coronamento. In detto palco è la seguente scritta posta attorno all'abaco del secondo capitello dell'arcata che sovrasta la scaletta di destra: "Rivestimento in maiolica realizzato nell'I.P.A.C. su modelli, disegni ed elaborati plastici di Antonino Ragona e calchi eseguiti da Giacomo Petralia. Caltagirone 1956".

La Chiesa di S. Francesco d'Assisi
Fondata nel sec. XIII e distrutta dal terremoto del 1693, oggi si presenta con un prospetto festosamente barocco realizzato negli ultimi anni del '600 ed il primo decennio del '700. Doveva avere una cupola, ma essendo crollata durante la costruzione, rimase solo il tamburo che venne coperto a guisa di tiburio. Nel prospetto al posto di nicchie, contemplate dall'inziale progetto, vi furono apposti scudi con simboli mariani, intagliati da Tommaso Amato e sopra la porta fu collocata la statua marmorea dell'Immacolata scolpita dallo scultore palermitano Giovanni Travaglia nel 1672. Essa era posta originariamente su di un piedistallo avanti la chiesa. A fianco della chiesa sorge il convento che appartenne ai PP. Conventuali ed oggi è adibito a Vescovado e sede del Seminario. Vi è un ampio chiostro ricostruito nel primo '700. Vi si conservano pure resti architettonici dei secoli XIII, XVI e XVII. I primi sono visibili principalmente nell'attigua sagrestia sulla sinistra dell'abside. Il Campanile fu costruito nel 1852 su disegno dell'arch. Salvatore Marino. La Chiesa ha una statua lignea di S. Antonio del 1677 rivestita in argento nel '700, tele ottocentesche dei fratelli Giuseppe e Francesco Vaccaro ed un grande pannello in maiolica di Antonino Ragona raffigurante il Presepio con S. Francesco di Assisi in adorazione. La piú antica fiera caltagironese si svolgeva per la festa di S. Francesco e aveva luogo nel piano di S. Giuliano.

Il ponte dí S. Francesco D'Assisi
Fu completato nel 1665 sotto la direzione del conventuale Fra Bonaventura Certò da Messina, su progetto e modello dell'architetto romano Orazio Torriani fatti nell'anno 1627. É una grandiosa opera di ingegneria costruita per collegare il piano di S. Giuliano con il convento di S. Francesco. Quando nel 1766 fu aperta la via Carolina, l'architetto catanese Francesco Battaglia ampliò l'imboccatura meridionale del ponte con altre due arcate cieche, collegandolo alla predetta via. Lo stesso architetto disegnò, nel punto dove furono tagliate le mura della città, il Tondo Vecchio, destinato alle iscrizioni commemorative e al busto di Ferdinando Il di Borbone. Detto Tondo Vecchio fu parecchio modificato dall'architetto G.B. Nicastro sulla fine sec. XIX, in attuazione di un suo piano di viabilità cittadina.

Il Carcere Borbonico ora sede del Museo Civico

É una massiccia ed elegante costruzione in arenaria locale con intelaiatura di lesene ioniche su di un'alta zoccolatura in bugnato liscio. Ha un elegante androne ripristinato per nostra insistenza al tempo del sindaco Alba nella originaria forma. É sede del Museo civico, dove sono conservati pregevoli cimeli cittadini fra cui lo storico fercolo di S. Giacomo ed una raccolta di dipinti, fra cui parecchi dei pittori locali Francesco, Giuseppe e Mario Vaccaro. Ivi si trovano depositate le pergamene medioevali e moderne della città unicamente alla porta bronzea del sec. XVI di Giuseppe e Agostino Sarzana, che chiudeva il loculo dove esse originariamente conservavansi. Al Museo è pure la pisside argentea del 1588 della scomparsa chiesa della baronia di Camopietro, che a suo tempo per nostro interessamento fu spegnorata dal Monte dei Pegni, dove da gran tempo giaceva dimenticata. Nello stesso museo trovasi esposta una pregevole balestra medievale, riccamente intagliata.

Il Duomo
É il tempio più ampio della città e nel 1818, a seguito dell'elezione del Vescovado calatino, fu elevato a Cattedrale. Dedicato a S. Giuliano sorse in epoca normanna. Fu rimaneggiato in epoca angioina e completamente rifatto ed ampliato con'oppposto orientamento nel tardo sec. XVI, ad opera degli architetti Francesco Zaccarella e Simone Gullì, quest'ultimo messinese. A fianco si ergeva un elevato campanile in stile ogivale con ingegnosissimo orologio, realizzato da Almirante Liuzzo da Tortorici nel 1576. Questo campanile, dimezzato dal terremoto del 1542, fu distrutto da quello del 1693. Il tempio rimasto incompleto nella trasformazione protrattasi nel pieno Seicento e assai danneggiato dal sisma del predetto 1693, fu sistemato nel primo Settecento con l'intervento di Fra Geniparo da Siracusa, capo mastro dei fabbri murari di detta città. Le colonne marmoree destinate a questo tempio a tre navate furono cedute allora alla chiesa di S. Giacomo e sostituite con altre di pietra bianca, che poi vennero nascoste nella muratura dei pilastri quando nell'Ottocento, su disegno di Emanuele Di Bartolo, si pensò di trasformare la decorazione del tempio, arricchendola di stucchi eseguiti dai maestri Giorgio Munda e Gaetano Signorelli, quest'ultimo siracusano. All'interno ha dipinti di Giuseppe e Francesco Vaccaro in quasi tutti gli altari e nella volta. La statua marmorea della Madonna della Mercede ed il crocifisso in impasto sono del sec. XVI. Il Cristo morto in legno è scultura ottocentesca dei fratelli Giuseppe e Francesco Vaccaro. Nel tesoro della chiesa si conservano preziose argenterie e ricchi paramenti. Nel 1957, in occasione del rifacimento del pavimento di detta chiesa, furono ivi da noi raccolti i pregevoli stucchi di epoca normanna, ora conservati nel Museo della Ceramica. L'attuale prospetto della chiesa è opera dell'architetto caltagironese Saverio Fragapane, realizzata in stile fioreale nel 1913, mentre il campanile è opera recente dell'architetto Ugo Tarchi. La statua bronzea dell'Assunta che lo orna nella parte basamentale, è dovuta allo scultore Francesco Nagni.

Il Monte di Prestamo
Oggi sede del Banco di Sicilia, sorge di fronte il prospetto principale del Duomo. Ha pianta quadrata e colonne corinzie coronate da un largo cornicione e poggianti su basamento a bugnato liscio. É opera di Natale Bonaiuto, realizzata nel 1783. Il secondo piano è una recente e discordante aggiunta dovuta all'architetto palermitano G. Capitò.

La Chiesa ed il Collegio dei Gesuiti
Furono costruiti a totali spese della città a cominciare dall'anno 1571. Nell'interno della chiesa Antonuzzo Gagini vi scolpì tutti i capitelli corinzi delle lesene. Il prospetto originario, crollato nel terremoto del 1693, fu rifatto nel primo Settecento in uno stile pacato ma animato da effetti chiaroscurali, dati dalle nicchie e dalle statue in esse contenute. É ad unica navata con profonde cappelle. Nel terzo altare a sinistra è la pregevole tela di F. Paladini raffigurante la Deposizione. In corrispondenza, nella parte opposta, è la tavola della Natività di Deodato Guinaccia, allievo di Polidoro Caldara. La grandiosa macchinetta lignea dell'altare maggiore fatta nel 1606, intelaia una grande tela della Circoncisione, opera coeva attribuita al palermitano Paolo Bramè. Nell'altare a destra dell'abside è una tela del messinese A. Barbalonga, raffigurante S. Francesco Saverio, e di fronte è il ricco altare barocco con colonne tortili in marmo mischio, completato nella parte superiore con stucchi di Giuseppe Capizzi da Regalbuto nei primi del '700. Il dipinto di quest'altare dedicato a S. Ignazio riproduce l'incisione del frontespizio dell'opera storica di Daniello Bartoli. La cantoria e le due tribunette intagliate ed indorate furono realizzate dallo scultore messinese Giuseppe d'Inga nel 1632. Il pulpito, anch'esso intagliato, fu finanziato dalla Città nel 1623. Del Collegio conservasi su via Studi un ricco portale in arenaria portante in alto lo stemma gesuitico con la scritta CONLEGIUM SOCIETATIS JESU, ANNO 1614.

Il Palazzo del Munícipio
Abbandonato il vecchio Palazzo di Città perchè insufficiente, il nuovo sorse nel vicino palazzo del Principe di Bellaprima. Esso alla fine dell'Ottocento, su disegno di sapore neoclassico dell'architetto Gian Battista Nica- stro, ebbe l'attuale prospetto principale. Quello postico in stile liberty è dell'architetto Saverio Fragapane. L'ampio scalone fu progettato dall'arch. Michele Fragapane. L'importante archivio storico che vi si conservava, ora è passato alla locale Sezione d'archivio di Stato, mentre le pergamene originali riguardanti i Privilegi della città (la piú antica è quella di Guglielmo il Malo del 1160) sono state trasferite al Museo Civico, in attesa di passare pure all'Archivio di Stato.

La Corte capitaniale
Vi ha sede oggi lo Sporting Club. Fu rimaneggiata nel tardo Ottocento dall'arch. G.B. Nicastro, che spostò l'originario edificio tardo cinquecentesco verso la chiesetta attigua del Crocifisso, aggiungendovi al centro una porta e due finistre. Originariamente metà dell'edificio era stata costruita per conservarvi gli atti dei notari defunti. Il disegno si deve ad Antonuzzo Gagini, ma nel 1602, essendo questi morto, l'opera fu continuata e completata dal figlio Giandomenico Gagini e dal compagno Vincenzo Giarracca nei primi decenni del '600. Le due iscrizioni marmoree che si vedono nei riquadri di due dei portali ricordano il luttuoso terremoto del 1693. Esse trovavansi ai fianchi del Palazzo di Città che sorgeva al posto dell'attuale Galleria "Luigi Sturzo". Quest'ultima è stata recentemente ricavata sventrando l'abbandonato Teatro Garibaldi, opera ottocentesca nel prospetto principale dell'architetto Salvatore Marino, e nei due fianchi dell'architetto palermitano G. Di Bartolo. La parte postica è opera del nostro secolo dell'architetto Saverio Fragapane. Della Galleria "Luigi Sturzo" diremo piú ampiamente in seguito sotto apposito titolo.

La Scala S. Maria del Monte
Fu aperta nel 1606 per mettere in diretta comunicazione la parte alta della città con quella bassa. Vi lavorarono maestranze gaginesche con a capo Giandomenico Gagini e fu sistemata a piazzettoni dall'architetto palermitano Giuseppe Giacalone. Verso la metà dell'Ottocento fu progettata ad unica distesa dall'architetto Salvatore Marino che la portò a 142 gradini. Questa nuova sistemazione fece nascere l'idea di realizzare secondo disegni progettati la antica informe illuminazione, che soleva farvisi per le feste patronali. Ideatore ne fu il monaco dell'Ordine dei Minimi Padre Benedetto Papale, che acquistò grande rinomanza per i disegni della illuminazione della scala, realizzati con lanterne o "coppi" di tre colori, bianchi, rossi e verdi. Anni addietro la Scala è stata interamente rifatta e per l'occasione tutte le alzate dei gradini sono state rivestite di mattonelle maiolicate con disegni ideati e forniti da Antonino Ragona ed eseguiti dai ceramisti ex allievi dell'Istituto d'Arte, G. Aqueci, F. Judice, N. Porcelli. Rivivono nei gradini i motivi decorativi usati dalla ceramica siciliana, e in particolare caltagironese, dall'avvento dei musulmani al sec. XX, e costituiscono la piú grande attrattiva per i turisti, che incuriositi dalla sempre varia decorazione ascendono volentieri la lunga scala fino in cima. Nella prima alzata maiolicata, entro cartigli, leggonsi le due seguenti iscrizioni: MOTIVI DECORATIVI ISOLANI DAL SEC. X AL SEC. XX RACCOLTI ED ADATTATI DA ANTONINO RAGONA A.D. MCMLIV; GESUALDO AQUECI FRANCESCO IUDICE NICOLA PORCELLI PRESSO L'ISTITUTO PRO ARTIGIANATO CERAMISTICO "L. STURZO,, ESEGUIRONO NELL'ANNO 1954.

La Chiesa di S. Maria del Monte o ex Matríce
É situata al termine della scala omonima. Nel piazzale antistante si svolgono le rampe che portano nella parte piú alta della città, dove sorgeva l'antico castello ed ora l'ex Istituto Salesiano di S. Agostino. Al principio di dette rampe trova posto il policromo pannello maiolicato, dipinto da Antonino Ragona, raffigurante l'epopea medievale dei mille prodi caltagironesi che combatterono sotto le insegne del Conte Ruggero normanno nel 1076 e, vittoriosi, consegnarono la campana della espugnata rocca di Judica alla Chiesa Madre. L'antico tempio di origine bizantina fu completamente distrutto dal terremoto del 1693. Si perdette il prevegole tetto trecentesco a grosse travature dipinte con scene dell'Antico Testamento unicamente alle ricche ornamentazioni gaginesche fatte a spese della Città nel primo Seicento. Ugualmente fu atterrato dal violento sisma il meraviglioso campanile trecentesco a loggiati in pietra di vario colore e pianta triangolare. Detto campanile era stato fortemente danneggiato dal terremoto del 1542 e in occasione del restauro fatto a pubbliche spese, la Città aveva fatto porre ai merli di coronamento del lato meridionale le proprie insegne: un'aquila gigantesca con lo scudo genovese nel petto e sotto la scritta : "RENOVATA VETUSTAS" con i nomi dei giurati del tempo. Nell'antico tempio avevano trovato sepoltura Gualtiero di Caltagirone e tre vescovi: Giovanni Burgio, Giacomo Umana e Paolo Faraone.(') L'attuale chiesa è opera della seconda metà del '700 degli architetti Francesco e Paolo Battaglia, padre e figlio, catanesi. Il massiccio ed imponente campanile fu realizzato da Natale Bonajuto su disegno del palermitano Giuseppe Venanzio Marvuglia. All'interno della chiesa si conservano una statua marmorea gaginesca quattrocentesca della Vergine col Bambino e l'immagine su tavola della Conadomini, pittura luechese del sec. XIII. Le pale d'altare ed i quadri della volta sono dei fratelli pittori Giuseppe e Francesco Vaccaro. Nel tesoro della chiesa sono pregevoli arredi sacri, fra cui un ricco ostensorio del sec. XV.

La Chiesa di S. Bonaventura
Ha l'abside riccamente affrescata del primo Settecento e vari dipinti seicenteschi sugli altari delle cappelle, fra cui due del pittore Vincenzo Ruggeri da Caltanissetta. Pregevoli sono gli intagli lignei della sacrestia e dell'altare maggiore: in quest'ultimo è pure un vistoso paliotto seicentesco dipinto ad encausto. Nel terzo altare di destra è un bel crocifisso di Fra Umile da Petralia. Ornano il prospetto due eleganti targhe maiolicate ottocentesche del ceramista Giuseppe Di Bartolo.

La Chiesa del Purgatorio
Ai piedi della Scala si diparte in direzione orientale la via Due luglio, oggi intitolata a Luigi Sturzo. A principio di detta via, a destra, è la chiesa della Madonna degli Angeli, comunemente detta del Purgatorio. É opera dei tardo Settecento del locale architetto, Carlo Maria Longobardi. Nell'altare maggiore è una grandiosa tela attribuita ad Epifanio Rosso, datata 1649. Negli altari laterali sono buone tele ottocentesche dei fratelli Giuseppe e Francesco Vaccaro.

La Chiesa dí S. Chiara
Di fronte alla breve discesa a fianco della chiesa del Purgatorio sorge la chiesa settecentesca di S. Chiara con movimentato prospetto ricco di motivi scultorei. Ha pianta lievemente ellittica ed armonica con ricco pavimento maiolicato, recentemente rifatto. É opera dell'architetto siracusano Rosario Gagliardi, che disegnò anche la chiesa di S. Giuseppe, pure a pianta centrale, ai piedi della Scala ex Matrice. A fianco della chiesa di S. Chiara sorgeva il monastero delle clarisse, ora occupato dall'edificio dell'ex officina elettrica, in stile liberty, dell'architetto Ernesto Basile.

La Chíesa del SS. Salvatore
Proseguendo per la via L. Sturzo, al centro di un piccolo largo alberato, a destra, si incontra la chiesa dell'ex monastero delle benedettine del SS. Salvatore. Ha un prospetto di una ricca e piatta decoratività animata in alto da traforature, con grande finestra sul portale. Lo stile è quello che si riscontra nella superstite torre campanaria di S. Gregorio, altro ex convento delle benedettine, opera del locale architetto D. Nicolò Commendatore, realizzata nel 1743. La chiesa del SS. Salvatore all'interno è a pianta centrale e ha eleganti stucchi e altari in marmo eseguiti dai catanesi Giovanni, Carlo e Ignazio Marino. Sull'altare di sinistra è la statua marmorea della Madonna di Monserrato del 1526, attribuita a Antonello Gagini e nell'altare maggiore una tela di Marcello Leopardi romano, raffigurante la Trasfigurazione. Presso la stessa chiesa di recente sono state deposte le ceneri di D. Luigi Sturzo. L'elegante avello dell'illustre sociologo, scolpito dal Nagni, è stato sistemato infatti in un attiguo mausoleo progettato dall'architetto Ugo Tarchi.

La Chiesa del Rosario
Sorge di fronte e chiude il lato opposto del largo SS. Salvatore. Al contrario della predetta chiesa, ha un prospetto con architettura molto aggettante. La costruzione fu completata sulla fine del Settecento su disegno dell'architetto caltagironese Carlo Maria Longobardi. All'interno ha una statua marmorea di Antonino Gagini del 1542, che in origine appartenne alla confraternita del Rosario della chiesa parrocchiale di S. Giorgio. Il pregevole pavimento in maiolica settecentesca a largo disegno del ceramista Ignazio Campoccia che l'ornava, nel recente rifacimento della chiesa in gran parte è stato da noi salvato e collocato nel Museo della Ceramica.

La Chiesa dí S. Gíorgio
Trovasi al termine della via L. Sturzo. Dell'originaria costruzione eretta dai Genovesi è rimasto ben poco. Il soffitto è decorato di affreschi settecenteschi del palermitano Bernardino Bongiovanni. Nel terzo altare di sinistra è la tavola della Trinità, pregevolissima opera attribuita a Roger Van der Weyden. La tela raffigurante S. Marco collocata a sinistra dell'abside è firmata dal pittore netino Epifanio Rosso, e porta la data 1652. La torre campanaria, crollata nel terremoto del 1693, fu ricostruita nelle vecchie linee e conserva le originarie bifore entro grandi monofore con archivolto su un impianto massiccio e severo coronato da merli. Oltre alle chiese predette, sulla via Luigi Sturzo, si affacciano pure la Palazzina Cusumano, in terracotta di stile floreale, realizzata da Enrico Vella e l'ex Ospedale delle donne con prospetto dell'arch. G.B. Nicastro e terrecotte dello scultore Giuseppe Failla.

L'Istítuto Statale d'Arte per la Ceramica
Sorge sul luogo dell'antico monastero delle benedettine di San Gregorio, a fianco della svettante torre campanaria settecentesca, la sola superstite dell'antica costruzione. In un grande salone dotato di moderne vetrine, l'Istituto presenta la sua mostra permanente di pregevoli ceramiche create dagli allievi nel corso degli anni.

La Chiesa di S. Giacomo
Al termine della via Vittorio Emanuele si trova la chiesa di S. Giacomo Protettore della città. Fu eretta, come è stato concordemente tramandato, dal Conte Ruggero normanno nel 1090. Crollata per il terremoto del 1693, fu per prima riedificata su linee dell'architetto agrigentino Simeone Mancuso (detto dal Polizzi "lo mastro") e dal maestro, pure agrigentino, Michelangelo Narbone, sull'originaria pianta del sec. XI. Le sue massicce colonne marmoree, originariamente destinate alla chiesa di S. Giuliano, furono trasportate in loco dal maestro palermitano Francesco Gaspa. All'interno conserva diverse pregevoli opere di Antonuzzo Gagini, come il portale del Reliquiere nell'ala sinistra del transetto, l'arco della cappella del Sacramento, al centro della navata sinistra. Ivi in apposito loculo è pure l'arca argentea delle reliquie di S. Giacomo, pregevolissima opera di Nibilio e Giuseppe Gagini. La parte inferiore di detta opera fu completata nel 1646 dall'argentiere caltagironese Giammichele Ancona, allievo di Giuseppe Capra, pure calatino. Sopra un elegante fercolo, fedelmente rifatto in bronzo nel 1964 sull'originario intagliato nel 1598 da Scipione di Guido, è la statua di S. Giacomo di Vincenzo Archifel del 1518. Il fercolo antico si conserva oggi al Museo Civico, essendo noi riusciti a impedirne la vendita. L'attuale campanile, coronato da statue in terracotta di Giuseppe Di Bartolo, è opera ottocentesca dell'architetto calatino Gaetano Coniglio. Coevi sono gli stucchi della chiesa disegnati dall'arch. Gesualdo Montemagno ed eseguiti dai maestri Giuseppe ed Amedeo Fantauzzi da Barrafranca. Il quadrone in stucco col sacrificio di Isacco, distrutto dal bombardamento del 1943, è stato rifatto su nostro disegno. Nell'abside si conservano due tele scampate al terremoto del 1693: il Martirio di S. Giacomo attribuito al Paladini e la Madonna d'Odigitria ritenuta dello Zoppo di Ganci. Fin dal 1518 in occasione della festa nel piazzale antistante alla chiesa si svolgeva una importantissima fiera dove affluivano le piú varie mercanzie locali e forestiere, fra cui i caratteristici fischietti in terracotta, di cui si ha la prima documentata notizia nel 1660. Apposite logge costruite dalla chiesa accoglievano le merci anzidette.

La Chiesa di S. Pietro
É assai caratteristica per il suo prospetto goticheggiante rivestito in maiolica polieroma. Fu questo realizzato nel 1856 su disegno dell'architetto caltagironese Gaetano Auricchiella e con maioliche fornite dal maiolicaro Giacomo Arcidiacono. All'interno, nella volta, ha dipinti di Giuseppe Vaccaro e sugli altari due statue in terracotta, una settecentesca raffigurante l'Ecce Homo, opera di Angelo Mirasole, e l'altra recente di Antonino Ragona, dal titolo "Regina pacis". L'esterna porta in bronzo è opera di Gaetano Angelico.

La Chíesa dei PP. Cappuccini
É l'unica costruzione salvatasi dal terremoto del 1693. Ad unica navata e assai semplice nel prospetto, conserva all'interno la grande pala di Filippo Paladini del 1604 raffigurante la Madonna d'Odigitria. Del Paladini sono pure due piccole tele, collocate anch'esse nella macchinetta lignea dell'altare maggiore, raffiguranti a mezzo busto S. Agata e S. Lucia. La prima cappella di sinistra conserva il ricco reliquiario fatto eseguire da P. Innocenzo Marcinò, insieme ai dipinti di Fra Semplice da Verona, ivi collocati. La statua in terracotta dell'Addolorata nel secondo altare di sinistra è opera moderna di Antonino Ragona.

La Galleria Luigi Sturzo
Il vecchio Palazzo di città abbandonato veniva nel 1823 trasformato in Teatro comunale su linee dell'architetto Salvatore Marino. La Galleria Luigi Sturzo è nata dallo sventramento di detto Teatro, operato su progetto dell'ingegnere A. Del Bosco, palermitano. Essa è divenuta luogo di esposi- zione di ceramiche e di incontro di quanti frequentano le vicine piazze. All'interno decorano le pareti della Galleria i pannelli maiolicati raffiguranti i principali uomini illustri caltagironesi, dipinti da Antonino Ragona; il grande pannello, pure in maiolica, di Pino Romano, raffigurante l'espugnazione della Rocca di Judica ed i mosaici di Mario Delitala raffiguranti le attività artiginali caltagironesi. 1 due parapetti delle due logge interne sono rivestiti in maiolica con motivi a trofei su disegni di Antonino Ragona. Sugli scudi sono raffigurati stemmi delle dominazioni isolane.

La Chíesa di S. Maria di Gesù
Sorge al termine della via omonima che ha inizio ai piedi del Giardino Pubblico. Ha un tetto a capriate e cassettoni con rosoni. La volta dell'abside e le pareti superiori della navata sono decorati con affreschi del pittore palermitano Bernardino Bongiovanni firmati e datati 1755. Nelle ultime due cappelle di sinistra conserva rispettivamente la pregevole statua marmorea della Madonna della Catena di Antonello Gagini, ed il dipinto del primo Seicento di S. Antonio di Padova di Giovanni Portalone. Nel primo altare, sempre di sinistra, è un dipinto coevo di Giovan Battista Baldanza da Militello, che fu soprattutto valentissimo intagliatore in legno. A fianco della chiesa è l'ampio chiostro del Convento dominato dall'elegante cuspide maiolicata del campanile della chiesa. Sul prospetto del convento è il portale ogivale del 1422, appartenente all'originaria chiesa ampliata nel sec. XVII, e un balcone seicentesco di stile gaginesco ivi collocato recentemente, proveniente dalla villa Fanales, una volta sorgente sul poggio S. Secondo, detto anche poggio Fanales.

Cimítero monumentale
É opera in stile gotico di grande impegno artistico realizzata, su disegno dell'architetto G.B. Nicastro, sulla fine dell'Ottocento. Vi collaborarono valenti plasticatori ed intagliatori locali come Giuseppe Di Bartolo, Gioacchino Ali, Enrico Vella, Giuseppe Nicastro, Giuseppe Sinatra. Il monumento ancora è incompleto.